Perché Smart Working e Remote/Home Working non sono sinonimi.

Perché Smart Working e Remote/Home Working non sono sinonimi.

Smart Working

Smart Working questo sconosciuto

Il termine Smart Working ormai è sulla bocca di tutti. Imprese e lavoratori sono impegnati da oltre tre mesi in una riorganizzazione del lavoro forzata dalla recente emergenza Covid 19.

Dapprima a causa totale lockdown imposto dal Governo per limitare la diffusione della pandemia e ora per le misure di distanziamento sociale in vigore, ancora oggi molte aziende vedono gran parte dei loro collaboratori impegnati nel lavoro a distanza. Tutti i soggetti stanno sperimentando, in alcuni casi per la prima volta, l’utilizzo delle nuove tecnologie a disposizione per la gestione di informazioni condivise piuttosto che per l’organizzazione di videoconferenze.

Dati alla mano

Se è vero che lo Smart Working non è una novità nel nostro Paese, dove realtà del calibro di Mars Italia ne vanta l’attivazione fin dagli anni ’90 del secolo scorso, e aziende come Siemens, TIM e ENEL ne hanno completato con successo la sperimentazione in questi ultimi anni, i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, aggiornati al 29 aprile 2020, ci indicano come, pre-pandemia, questa modalità di lavoro fosse ancora scarsamente applicata.

Guardando ai dati diffusi dal Ministero emerge infatti che, a fine aprile, risultavano operativi circa 1 milione e 827.000 smart workers, di cui circa 1 milione e 606.000 sono stati attivati a ridosso dei primi Decreti emanati dal Presidente del Consiglio. Ad oggi non è possibile stimare quanti di loro avranno l’opportunità di mantenere tale regime lavorativo una volta risolta definitivamente l’emergenza.

Terminologia: Smart Working e Remote Working

Altro aspetto su cui si è ancora fatta poca chiarezza, è l’interpretazione del termine Smart Working: stiamo effettivamente usando il nome corretto?

Non è detto, e vediamo il perché.

Smart Working, traducibile in italiano con il termine “lavoro agile”, indica una modalità operativa per cui le attività sono misurate in base agli obiettivi raggiunti, indipendentemente dalle ore di lavoro svolte, e in cui il rapporto di collaborazione è basato sulla fiducia da parte del datore di lavoro e sul senso di responsabilità del lavoratore stesso.

A conti fatti, si tratta di una forma di lavoro flessibile in cui le ore di lavoro effettivo non sono predeterminate o conteggiate in base alla timbratura del cartellino. Altresì, non si rende necessario predisporre una postazione fissa. Il collaboratore dotato di computer portatile, telefono cellulare e una buona connessione Wi-Fi potrebbe svolgere la propria mansione senza problema alcuno, da casa così come al bar o in un parco pubblico.

La modalità di lavoro a distanza attivata dalla maggior parte delle aziende negli ultimi mesi, così come organizzata, andrebbe forse più correttamente chiamata Remote or Home Working (letteralmente “lavoro da remoto o da casa”), evoluzione dell’Istituto del Telelavoro, mai abrogato, che indica l’attività svolta al di fuori dell’organizzazione aziendale, ma con orari di lavoro ben definiti ed una postazione fissa, spesso creata ritagliando degli spazi ad hoc all’interno delle mura domestiche.

Entrambe le modalità operative, con tutte le loro differenze, sono tutt’ora in vigore per molti lavoratori soprattutto nelle aree più colpite dalla pandemia, dove i datori di lavoro stanno proseguendo l’attività lavorativa in un’ottica di ripresa della produttività con uno sguardo ancora più attento alla tutela della salute dei propri collaboratori.

Conclusione

Non tutte le professioni possono essere svolte senza una presenza fisica sul luogo di lavoro. Inoltre, coloro che hanno potuto sperimentare il lavoro a distanza hanno sottolineato alcune criticità. Tra le principali vengono evidenziate l’isolamento dai colleghi, la mancanza di interazioni faccia a faccia e la difficoltà a separare il lavoro dalla vita personale.

Ancora, chi in questi giorni di isolamento forzato ha avuto la possibilità di lavorare in smart working ha lamentato un aumento della stanchezza a fine giornata, dopo una serie interminabile di videoconferenze, call e lavoro ordinario comunque da svolgere. Molti hanno dunque rilevato di essersi trovati a lavorare forse più di prima e le analisi sulla produttività aziendale hanno confermato tale dato.

Infine, più di qualcuno ha scoperto che dividere gli spazi con la propria famiglia – senza soluzioni di continuità  – non è poi così facile.

Voi, in quale forma di lavoro a distanza vi riconoscete?

Autore: dott.ssa Tatiana Calogero