Il Welfare Aziendale

Il Welfare Aziendale.

Il Welfare Aziendale è l’insieme delle iniziative volte a incrementare il benessere del lavoratore. Negli ultimi anni il welfare aziendale ha modificato le logiche retributive all’interno delle aziende, e non solo di quelle più grandi.

Perché se ne sente tanto parlare?

Nelle grandi aziende tale strumento veniva utilizzato come mezzo di gestione del personale per incentivare i risultati dei dipendenti, con la conseguente “ammirazione” degli stessi nei confronti dei quadri direzionali. Questo nel principio.

Oggi, per casi specifici è diventato un obbligo normativo a cui vengono dedicati diversi incentivi per le aziende, anche quelle piccole. I rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di vari settori, primo fra tutti il metalmeccanico, hanno incluso l’obbligatorietà del Welfare Aziendale, individuando una serie di esempi e di iniziative per migliorare la qualità della vita dei dipendenti.

Questo perché si è ormai acquisito un importante concetto: un ambiente lavorativo gratificante e sereno migliora la performance aziendale. Le organizzazioni ne hanno beneficiato, in quanto i lavoratori sono adesso concentrati su obiettivi collegati a incentivi personalizzati.

Alcuni esempi di attività di welfare

Preliminarmente è importante sottolineare che l’erogazione del welfare non può essere monetizzata e nemmeno sommarsi al pacchetto retributivo base. Inoltre, il welfare interno deve essere applicato alla generalità della popolazione aziendale o a categorie omogenee di dipendenti. Alcuni esempi dei criteri applicabili:

  • Dipendenti che hanno in comune la sede o l’ufficio dove prestano la loro opera;
  • Dipendenti che hanno lo stesso livello contrattuale;
  • Dipendenti con esigenze sociali, personali e organizzative simili.

L’applicazione si realizza sotto forma di varie attività a favore del lavoratore. Tra le più comuni sono annoverate sconti, promozioni e agevolazioni per accedere a beni e servizi con condizioni esclusive; buoni pasto erogati ai dipendenti; buoni carburante; convenzioni sanitarie; rimborsi spese per l’istruzione e l’educazione; aiuti per l’assistenza di familiari non autosufficienti; servizi per il tempo libero (abbonamenti in palestra, viaggi e attività culturali); diverse modalità organizzative del lavoro che permettano una miglior conciliazione tra vita privata e professionale (smart working e flessibilità oraria).

Nello specifico, invece, le categorie dei servizi considerati di welfare aziendale ai fini fiscali e che quindi non contribuiscono a formare reddito da lavoro dipendente, sono quelli indicati dalla vigente normativa che regola il welfare (art. 51 e 100 del TUIR):

  • Ricreazione e tempo libero: ingressi cinema e teatri, abbonamenti alla palestra, spa, centri sportivi, impianti sciistici, viaggi, pacchetti esperienze, eventi spettacoli, attività extrascolastiche;
  • Educazione e istruzione; master, università, corsi di formazione extraprofessionali, corsi di lingua, spese di educazione e di istruzione per i familiari come rette d’iscrizione e frequenza per ogni tipo di scuola, acquisto di libri di testo scolastici, campus estivi, soggiorni e vacanze studio, ludoteche e altri servizi aggiuntivi (per esempio gite d’istruzione e scuolabus);
  • Servizi di baby sitting e servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (assistenza domiciliare, badanti, assistenza residenziale);
  • Abbonamenti al trasporto pubblico;
  • Prestazioni sanitarie (check up, visite specialistiche, odontoiatriche, riabilitazione, counseling e supporto psicologico);
  • Beni e servizi in natura, buoni spesa per benzina, shopping, e-commerce (entro la soglia dei fringe benefit: 258,23€ all’anno);
  • Contributi di assistenza sanitaria a enti o a case con fine esclusivamente assistenziale (nessun limite quando il contributo deriva dalla conversione del premio di risultato, negli altri casi fino a 3615,2 € all’anno);
  • Versamenti integrativi a fondi di previdenza (nessun limite quando il contributo deriva dalla conversione del premio di risultato, negli altri casi fino a 5164,57 € all’anno).

Vantaggi aziendali e del lavoratore

Per le imprese che decidono di beneficiare di piani di welfare i vantaggi consistono in importanti benefici fiscali, che diversamente non si otterrebbero o andrebbero perduti, qualora l’iniziativa a favore del dipendente si limitasse al semplice aumento dello stipendio per “fini motivazionali”.

I vantaggi fiscali variano in relazione alla tipologia del contributo welfare:

  • Contributi welfare CCNL: per il dipendente non costituiscono reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali e per l’azienda sono costi aziendali deducibili al 100%;
  • Conversione del premio di risultato: i vantaggi fiscali sono previsti per i dipendenti con redditi annui inferiori a 80.000€ e per un importo convertito di massimo € 3000 all’anno per dipendente. Come per i contributi welfare CCNL, quando il premio di risultato viene convertito in welfare, per l’azienda è prevista la piena deducibilità e per il dipendente gli importi convertiti non costituiscono reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali. (Nel caso di conversione di premio di risultato è inoltre ammessa la possibilità di superare le soglie di deducibilità normalmente previste per la previdenza complementare (€ 5.164,57) e l’assistenza sanitaria integrativa (€ 3.615,20). Per i lavoratori con reddito superiore a € 80.000 annui gli accordi possono prevedere il riconoscimento del premio sotto forma di welfare, con la conseguente attribuzione dei medesimi benefici fiscali previsti per i dipendenti con redditi inferiori a 80.000€ annui, solo nel caso in cui non sia prevista come alternativa la sua conversione monetaria);
  • Contributi welfare unilaterali: per il dipendente non costituiscono reddito imponibile ai fini fiscali e previdenziali. Per l’azienda sono al 100% deducibili per importi entro la soglia dei fringe benefit (258,23€ all’anno) o quando l’erogazione avviene come adempimento di un obbligo definito in un regolamento aziendale; in assenza del regolamento aziendale è ammessa la deducibilità entro il limite del 5/1000 del costo del lavoro indicato in bilancio.

Sul lungo periodo i risultati di questo investimento consisteranno in un miglioramento del  clima aziendale e quindi in una maggior produttività (leggasi anche “l’analisi del clima aziendale”). Ecco perché, dati alla mano, sempre più aziende decidono di implementare un piano di welfare.

Conclusione

Concludendo, il welfare aziendale risulta essere un buon investimento per ogni azienda.

Per attivarlo non è richiesto nessun requisito di grandezza aziendale. L’ideazione di semplici e concrete misure a beneficio del lavoratore contribuisce ad innalzarne il livello motivazionale, il senso di appartenenza all’azienda e l’impegno lavorativo.

Autore: dott.ssa Francesca Matragrano