I vantaggi di utilizzare lavoratori in somministrazione

I VANTAGGI AD UTILIZZARE LAVORATORI IN SOMMINISTRAZIONE

Ci sono alcuni vantaggi per l’azienda che intende utilizzare lavoratori assunti a tempo indeterminato da una Agenzia per il Lavoro, ciò indipendentemente dal fatto che la missione stessa sia a tempo indeterminato ovvero a termine.

L’importante è che l’Agenzia sia iscritta nell’albo delle Agenzia di somministrazione, tenuto, telematicamente, dall’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) ed accessibile a tutti. Per una verifica, basta consultare la seguente pagina: myanpal.anpal.gov.it/albi-informatici.

Si tratta di vantaggi sia di natura economica che normativa. Vediamone alcuni.

Agevolazioni contributive
Qualora il lavoratore abbia i requisiti previsti da una delle agevolazioni disciplinate dalla normativa vigente: ad esempio, sia un giovane con età inferiore ai 36 anni (cd. Under 36), sia una donna con una delle caratteristiche previste all’articolo 4, commi da 9 a 11, della Legge n. 92/2012 (cd. donne svantaggiate), sia un lavoratore/trice con età superiore ai 50 anni e disoccupato da oltre 12 mesi (cd. over 50); sarà l’utilizzatore a beneficiare dell’agevolazione da un punto di vista economico.

Infatti, il decreto Legislativo n. 150 del 2015, nell’articolo relativo ai “Principi generali di fruizione degli incentivi” (articolo 31, comma 1, lett. e), stabilisce che per quanto riguarda il contratto di somministrazione, i benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all’utilizzatore e quindi sarà lui a beneficiare dell’agevolazione prevista e non l’Agenzia di somministrazione. Logicamente, in caso di incentivo soggetto al regime de minimis, il beneficio dovrà essere computato sempre in capo all’utilizzatore.

Missione a termine e calcolo della durata massima
Un altro vantaggio si realizza allorquando vi sia una somministrazione a termine, di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia. In questo caso, i periodi di missione non saranno considerati nel computo della durata massima complessiva prevista per i rapporti a tempo determinato.

Infatti, quella che è la regola generale, che prevede un limite massimo di durata che ogni lavoratore non può superare in rapporti a tempo determinato per lo stesso datore di lavoro/utilizzatore viene bypassata da quanto previsto dalla Legge n. 14/2023, di conversione del decreto legge n. 198/2022 (cd. decreto Milleproroghe), che dispone lo scomputo del periodo di missione a termine dal limite massimo di durata complessiva in rapporti a tempo determinato o missioni a termine, qualora il contratto di lavoro, del lavoratore somministrato a termine con l’Agenzia, sia Tempo indeterminato.

Inizialmente, questa agevolazione era stata prevista nel 2020, con il cd. decreto “agosto” (Decreto Legge n. 104/2020), per venire incontro alle esigenze occupazionali nate con la pandemia. Il legislatore ha poi, in questi anni, prorogato detta agevolazione che, ad oggi, è operativa sino al 30 giugno 2025.

Quindi, in definitiva, se si utilizza in missioni a termine un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia per il lavoro, detta missione non incide sul limite di durata massima previsto dal CCNL dell’utilizzatore ovvero dal massimale di 24 mesi, qualora la contrattazione collettiva non sia intervenuta in materia.

Limite dei rapporti a tempo determinato
Il legislatore prevede che la somministrazione a termine, al pari dei rapporti di lavoro a tempo determinato diretto, debba essere limitata ad una percentuale prevista dalla contrattazione collettiva dell’utilizzatore. Ma lo stesso legislatore ha previsto che in caso di missione a termine vi siano alcune categorie di lavoratori che non dovranno essere conteggiate in detto limite, in quanto considerati “svantaggiati”.

In particolare, dono esclusi dalla percentuale dei lavoratori somministrati a tempo determinato, e come tale possono essere somministrati senza limiti, i seguenti soggetti:

  • disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
  • lavoratori qualificati come «svantaggiati» o «molto svantaggiati», così come individuati dal D.M. 17 ottobre 2017 del Ministro del Lavoro.

Per quanto riguarda questa seconda categoria di lavoratori, vengono considerati svantaggiati coloro per i quali ricorra, in via alternativa, una delle seguenti condizioni:

  1. siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  2. abbiano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;
  3. non possiedano un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
  4. abbiano superato i 50 anni di età;
  5. siano adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
  6. siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;
  7. appartengano a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.

Inoltre, sono esclusi anche i cd. lavoratori “molto svantaggiati” e cioè i soggetti privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito e quelli che, privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito, appartengono a una delle categorie indicate dalle lettere da b) a g), appena richiamate.

Ricordo che una limitazione ad avere rapporti in somministrazione è prevista anche in caso di staff leasing (somministrazione di lavoro a tempo indeterminato). Anche in questo caso, comunque, sono da escludere dal limite massimo le categorie suindicate. Inoltre, sono da escludere ugualmente i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato.

Somministrazione e causale nei rapporti a termine
Per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia e somministrati a termine non si applica l’obbligo di indicare una causale all’interno del contratto di lavoro. Infatti, tale obbligo, in capo all’utilizzatore, sussiste solo qualora il lavoratore sia stato assunto a tempo determinato dall’Agenzia per il lavoro e sia poi somministrato a termine all’utilizzatore.

Ciò è ben indicato nell’articolo 34, del decreto legislativo n. 81/2015, che dispone l’equiparazione delle diposizioni previste al capo III della medesima normativa (denominato “Lavoro a tempo determinato”), esclusivamente qualora l’assunzione, da parte dell’Agenzia, sia a termine.

Computo dei lavoratori somministrati nell’organico dell’utilizzatore
Sempre l’articolo 34, del decreto legislativo n. 81/2015, stabilisce che i lavoratori in somministrazione non sono computati nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di tutte le norme di legge o di contratto collettivo, ad eccezione delle norme in materia di salute e della sicurezza sul lavoro.

 

Computo dei lavoratori disabili
In caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a dodici mesi, il lavoratore somministrato potrà essere computato nella quota di riserva, di cui all’articolo 3 della legge n. 68/1999. Ciò sta a significare che l’azienda potrà coprire la sua quota di riserva richiedendo all’Agenzia lavoratori con le caratteristiche di disabilità previste dallo stesso articolo 1, della Legge n. 68/1999.

Autore: Dr. Roberto Camera