I PROFILI MAGGIORMENTE RICHIESTI NEL 2020

Il 2020 è appena iniziato e il mercato del lavoro si prepara aprendo le porte a nuove professioni e opportunità lavorative.

Le numerose trasformazioni in atto riguardanti la digitalizzazione e l’ecosostenibilità stanno cambiando già da tempo l’approccio al lavoro e al modo in cui acquisire determinate competenze. Secondo i dati forniti da uno studio del World Economic Forum, il 65% dei bambini che oggi frequenta la scuola, quando saranno diplomati o laureati, svolgeranno lavori che oggi ancora non esistono; allo stesso tempo, si prevede anche una perdita di 7.1 milioni di posti di lavoro, specialmente nei settori amministrativi, manifatturieri e di produzione. Vi sarà però un incremento fino a 2 milioni di posti di lavoro riguardanti i settori della tecnologia, del business e  della finanza, del management, della matematica e dell’ingegneria. Il concetto stesso di lavoro sarà modificato grazie anche all’ingresso dell’automazione e della robotica, producendo quindi dei vantaggi in termini di velocità e autonomia, ma che andrebbero per forza di cose a influenzare il ruolo dell’essere umano nell’intero processo.

Tra i nuovi trend emergenti che riguardano il mercato del lavoro per l’anno 2020, spicca sicuramente la figura del Data Protection Officer introdotta dal nuovo regolamento europeo in materia di protezione di dati personali. Si tratta di una figura che ha il compito di gestire e seguire il trattamento dei dati personali. In lizza anche il Big Data Developer, una figura che si occupa di sviluppare tool e soluzioni riguardanti grandi set di dati. Non da meno è la figura dell’Artificial Intelligence Specialist, che oltretutto ha subito una crescita importante nell’ultimo periodo, seguito dal BIM (Building Information Modeling) Specialist, una figura specializzata che deve essere in grado di seguire e ottimizzare le fasi della costruzione degli edifici.

Per quel che riguarda la situazione in Italia: il 30% dei cittadini non possiede competenze digitali e nelle scuole vi è un solo computer ogni 8 alunni. Per la ricerca e lo sviluppo si investe solamente l’1,3% del Pil mentre la media europea è del 2%. Inoltre, solo l’8% della popolazione dai 25 ai 64 anni è coinvolto in programmi di formazione (la media europea è del 10,8%). Per quanto riguarda invece la formazione scolastica e la ricerca, è previsto un finanziamento fino a 30 milioni di euro per gli istituti tecnici superiori (Its), per gli strumenti tecnologici relativi all’Industria 4.0 e un Fondo, fino a 250 milioni annui a partire dal 2019, per finanziare progetti per lo sviluppo del capitale immateriale. Ancora troppo poco per investire in modo adeguato nella trasformazione tecnologica e nell’avanzamento delle competenze dei nostri giovani. 

Al di là della tecnologia, bisognerebbe riflettere sullo stato prettamente mentale e ideologico degli insegnamenti presenti nelle scuole italiane, decisamente troppo antichi e inadeguati rispetto al cambiamento che avanza inesorabile nella società.

Articolo di Barbara Berti